Di Martin John Trout - https://martinjohntrout.wixsite.com/endurance-training

traduzione e adattamento di Diego Trabucchi

 

Negli articoli precedenti abbiamo esplorato la relazione tra l’eccesso di sollecitazioni, derivanti dall’allenamento o da altri stimoli, e la tendenza a Sindrome da Sovrallenamento, infortuni da sovraccarico e intolleranza all’allenamento acquisita.

 

In tutti i casi abbiamo visto che una parte importante della soluzione consiste nella prevenzione.

È di fatto importante rimanere in una sorta di zona ideale in cui l’attività è sufficiente a generare gli stimoli necessari, ma non porta il fisico alla stanchezza cronica, in cui recupero e riposo sono adeguati a consentire miglioramenti in forza, velocità e resistenza, ma non portano a de-allenamento.

 

Storia

Al giorno d’oggi la maggior parte degli atleti sa che l’osservazione della frequenza cardiaca a riposo è un modo di monitorare la prestazione, il recupero e la salute. Pensate che la prima descrizione scritta della frequenza cardiaca, misurata al polso, risale alle opere di Erofilo, medico e scienziato dell’antica Grecia (335 AC – 280 AC), le cui osservazioni furono sviluppate dal medico greco-romano Galeno di Pergamo (131 – 200), che scrisse almeno diciotto libri sulle pulsazioni, incluso otto trattati su come formulare diagnosi e prognosi di varie malattie. I suoi insegnamenti dominarono la pratica medica per quasi sedici secoli, attraverso Medioevo e Rinascimento, fino all’età moderna; fu il primo a riportare gli effetti dell’esercizio fisico sulla frequenza cardiaca. Ad esempio, in una delle sue opere dedicata alle pulsazioni afferma “L’esercizio – finché praticato con moderazione – rende la pulsazione vigorosa, grande, veloce e frequente; tanto esercizio fisico, in eccesso rispetto alle capacità dell’individuo, rende al contrario la pulsazione piccola, debole, rapida ed estremamente frequente.” Quest’ultima frase contiene una verità, cui molti atleti moderni farebbero bene a prestare attenzione.

 

 medicina

 

Verso la fine del XVII secolo, cronometri più precisi permisero di misurare meglio la frequenza cardiaca. Si dice che sia stato il medico inglese John Floyer (1649-1734) ad inventare un orologio portatile con la lancetta dei secondi ed un pulsante che permetteva di tabulare pulsazioni e respirazione in una varietà di condizioni; egli pubblicò le sue rilevazioni in due volumi, diventando un sostenitore del fatto che “si può conoscere il battito naturale e le variazioni di ritmo causate dalle malattie”. Con il miglioramento dei cronometri, si arrivò presto a descrivere le fluttuazioni delle pulsazioni arteriose e nel 1733 il reverendo John Hales (1677-1761) riportò che la durata degli intervalli fra un battito e l’altro variava durante un ciclo respiratorio.

In tempi più moderni e, in particolare, verso la fine del ventesimo secolo, ulteriori sviluppi nella misura e dispositivi a disposizione hanno portato a osservazioni ancora più accurate sulla frequenza cardiaca e sulle sue variazioni; questo a portato a definire la variabilità della frequenza cardiaca (HRV = Heart Rate Variability) come uno strumento diagnostico per la valutazione delle cardiopatie e la cura degli infartuati. Negli ultimi anni, inoltre, dispositivi di misura che prima erano grandi, complessi e di difficile lettura, sono diventati molto più economici ed accessibili al grande pubblico anche grazie alle tecnologie Bluetooth e ad alcune “app” di facile utilizzo per smartphone e tablet.

Vediamo cos’è esattamente questa variabilità della frequenza (HRV) e come può rivelarsi un importante strumento di monitoraggio per gli atleti.

 

Sistema nervoso simpatico e parasimpatico: un equilibrio dinamico

Da un punto di vista fisiologico, sappiamo che il battito cardiaco accelera durante l’esercizio, perché il cuore deve pompare più forte per consegnare ossigeno ai muscoli, e che rallenta quando terminiamo l’attività. Queste modulazioni sono controllate dal sistema nervoso autonomo (SNA), all’interno del quale distinguiamo due sottosistemi che influenzano direttamente la frequenza: il sistema nervoso simpatico (SNS) ed il sistema nervoso parasimpatico (SNP). L’SNS è conosciuto come “combatti o scappa” (fight or flight, in inglese), accelera i battiti ed è attivato quando dobbiamo difenderci, mentalmente o fisicamente, oppure effettuare attività fisica consistente; al contrario, l’SNP è invece il meccanismo “riposa e ripara”, attivato quando ci rilassiamo, dormiamo o in generale recuperiamo, essendo attivato anche da meditazione, respirazione profonda ed esercizi di yoga leggeri.

E’ importante notare che nessuno dei due sistemi è più importante dell’altro, ma lo stato fisiologico ideale prevede che essi collaborino armonicamente: l’SNS ci rende pronti a importanti incontri di lavoro, ci fa concentrare prima di una sessione di allenamento intensa o contribuisce alla prestazione durante una gara, mentrel’SNP ci assicura che riposiamo correttamente, che il recupero mentale e muscolare sia il più completo possibile e che siamo il più possibile a nostro agio. Le cose si complicano quando uno dei due meccanismi diventa predominante sull’altro per un periodo prolungato: l’esempio più classico, un po’ esagerato, è quello dell’atleta di endurance che eccede con gli allenamenti ad alta intensità senza riposare sufficientemente. In questo caso, l’SNS continuerebbe in uno stato di prevalenza dovuto all’eccessivo stimolo allenante che, se protratto per troppo tempo, porterebbe il fisico ad uno stato di affaticamento in cui, paradossalmente il sistema parasimatico SNP prenderebbe il sopravvento, con conseguente letargia e impossibilità ad allenarsi.

Considerato tutto quanto, è chiaro che sarebbe un valido alleato uno strumento che ci mostrasse se il nostro corpo è in uno stato di equilibrio. Nel passato gli atleti hanno misurato la propria frequenza cardiaca appena svegli per sapere quanto erano pronti a ricevere gli stimoli allenanti e, sicuramente, un battito a riposo eccessivamente rapido può essere un campanello di allarme. Tuttavia, uno studio effettuato da università francesi e svizzere (Relation between heart rate variability and training load in middle-distance runners. Med. & Sci. in Sports and Exercise: January 2000) mostra come dopo un periodo di tre settimane di intenso allenamento, la frequenza cardiaca di un gruppo di runner è aumentata in media solo del 9% (3,74 battiti al minuto), mente la variablità della frequenza (HRV) ha mostrato una variazione media del 40%; le conclusioni dello studio furono che “l’HRV sembra essere uno strumento migliore della frequenza cardiaca a riposo, per valutare lo stato di affaticamento fisico cumulato, poiché rende più visibili i cambiamenti indotti nell’attività del sistema nervoso autonomo. Questi risultati possono essere rilevanti per ottimizzare i piani di allenamento individuali”.

 

HRV

 

HRV: cos’è

L’HRV misura le piccole, quasi impercettibili, differenze nel tempo che intercorre tra un battito e il seguente. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, maggiore è questa variabilità, maggiore è lo stato di salute del fisico e l’equilibrio fra sisema nervoso simpatico e parasimpatico. Normalmente, l’HRV è basata sulla misura protratta per due o tre minuti di queste piccole differenze, che vengono quantificate in un parametro numerico con un algoritmo di calcolo particolare (RMSSD = “root mean square of successive differences”), che è poi riportato su scala logaritmica, dando luogo ad un valore che va circa fino a 100. Ci sono due importanti valori di HRV da considerare: uno è quello giornaliero, l’altro quello di base, che si determina nel tempo e che deve essere il più alto possibile; non è un valore predefinito, lo si può migliorare gradualmente nel tempo, alternando adeguatamente allenamento e recupero, fino ad arrivare ad un massimo determinato dalla genetica. Di converso, può anche diminuire, se allenamento o recupero non sono sufficienti. Dall’altro lato, l’HRV giornaliero avrà variazioni molto maggiori a seconda dei cicli di preparazione atletica; la maggior parte degli applicativi utilizza un codice colore a semaforo e ci permette di decidere se è opportuno intraprendere sessioni di allenamento intense (luce verde), oppure se è meglio tenere un approccio più conservativo (luce gialla), o ancora se è necessario un giorno di riposo (luce rossa). C’è da dire che per un atleta non è necessariamente un bene avere sempre luce verde, perché potrebbe significare che gli stimoli allenanti non sono sufficienti a portare miglioramenti; è meglio avere una maggioranza di segni verdi, inframmezzati da un po’ di gialli, ad indicare che l’attività è stata sufficientemente intensa. Va anche considerato che il parametro di HRV è anche influenzato da altri elementi della vita quotidiana quali la nutrizione, l’idratazione, il sonno e lo stato emotivo.

Monitorando le fluttuazioni giornaliere e la tendenza della baseline, possiamo cercare di avere miglioramenti atletici graduali senza il rischio di sovra/sottoallenamento; se vedessimo un baseline stabile, o addirittura in calo, al contrario dovremmo allarmarci.

C’è da considerare anche che il valore di base varia in base allo schema delle pulsazioni di una persona e con l’età; mentre per una persona di 20-30 anni un range normale spazia fra 60 (fisico non molto allenato) e 90 (fisico ben allenato), per un uomo di circa 60 anni un valore di 55 sarebbe molto buono. In definitiva il valore del parametro restituito da un’applicazione software non è da considerare in assoluto oppure riferito al valore di altre persone, a causa di queste variabilità, tuttavia le variazioni nel tempo possono darci indicazioni di valore nel singolo atleta.

 

HRV: come si usa

Fra le numerose APP, ci sono quelle gratuite (Elite HRVbasic) e quelle a pagamento (Bioforce HRV, Elite HRV (team), Inner Balance, ithlete, Sweet Beat, HRV4Training); ognuna ha requisiti tecnologici diversi, può essere stata sviluppata per smartphone o tablet e richiedere o meno un sensore esterno come una fascia cardio bluetooth. Ultimamente, alcune app più nuove utilizzano la fotocamera del telefono come strumento di misura, anche alla luce di ricerche scientifiche in proposito (Extraction of Heart Rate Variability from Smartphone Photoplethysmograms, Rong-Chao Peng, Xiao-Lin Zhou, Wan-Hua Lin, Yuan-Ting Zhang. 2015); HRV4 Training è una di queste e il suo creatore, il Dott. Marco Altini, ha appena pubblicato un articoloscientifico al riguardo (Comparison of heart rate variability recording with smart phone photoplethysmographic, Polar H7 chest strap and electrocardiogram methods, D.J. Plews, B. Scott, M. Altini, M. Wood, A.E. Kilding and P.B. Laursen, International Journal of Sports Physiology and Performance, 2017)

Una volta che abbiamo definito uno strumento adatto o un’app, vediamo quando effettuare la misura. Pare che sia preferibile farlo al mattino presto, appena svegli; infatti, a causa del ritmo circadiano e delle fluttuazioni ormonali, una lettura effettuata durante la giornata potrebbe dare risultati diversi a seconda del momento. Si può anche discutere se sia meglio fare la misura da sdraiati, in piedi o seduti, con preferenza per l’ultima di queste; la posizione supina pare infatti favorire il sistema nervoso parasimpatico (e quindi rilassamento), mentre quella in piedi il sistema simpatico (e quindi attivazione), con il risultato di falsare potenzialmente la lettura della variabilità cardiaca. In ogni caso, è importante mantenere le stesse condizioni in tutte le misurazioni, le quali richiedono normalmente due o tre minuti, più il tempo necessario ad inserire alcuni dati, come la qualità e le ore di sonno e di allenamento del giorno precedente.

 

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I grafici rappresentati dai vari sistemi o APP possono presentare i dati in forma diversa. A titolo di esempio, presentiamo degli screenshot effettuati con l’app Elite HRV. Il soggetto, in questione [l’autore – NdR] presenta un valore basale di HRV di 54, per cui una misura puntuale di 55 indica una momentanea prevalenza del sistema nervoso parasimpatico, ma sempre rimanendo in zona “verde”, quindi adatta ad allenarsi. Se la lettura fosse ad esempio 57, l’indicazione colore sarebbe stata “giallo”, associata probabilmente ad un momento di recupero e ricostruzione del fisico, con suggerimento di riposare o di effettuare esercizio solo a bassa intensità. Analogamente, un parametro di HRV giornaliero di 51, avrebbe portato ad un’indicazione di semaforo giallo, per eccessiva attivazione del sistema nervoso simpatico, sintomo di affaticamento, con indicazione di riposo.

Risulta intuitivo capire come una misurazione effettuata per alcune settimane può dare un’idea della tendenza dell’HRV e di come l’allenamento influenzi l’organismo. In figura si trova un esempio di grafico che mostra un orizzonte temporale di dieci giorni: la linea blu indica il parametro di HRV, mentre le barre sono un’indice di quanto il soggetto è pronto ad allenarsi quel giorno. Si osserva come nel secondo, terzo e quarto giorno l’indicazione sia sempre la stessa (colore giallo = riposare), tuttavia a fronte di letture diverse del parametro di HRV: alto nel secondo e nel quarto giorno, basso nel terzo. Molto probabilmente il soggetto nel secondo giorno, in cui partiva da un HRV alta, ha esagerato con l’attività aerobica, producendo un’attivazione eccessiva del SNS invece di riportare l’organismo all’equilibrio (omeostasi). Nei giorni successivi, le variazioni di HRV sono più contenute, indicando un bilanciamento più efficace fra SNS e SNP.

 

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In conclusione, monitorare la variabilità della frequenza cardiaca (HRV) pare proprio un metodo efficace, semplice ed economico per ottenere il massimo dal proprio allenamento e, al contempo, salvaguardare la salute. Sicuramente questo è favorito dalla velocità della misura e dalle indicazioni biometriche immediate.