La fine del Dinamo Running Team: intervista a Luca Spada

Dopo aver creato e successivamente ceduto Eolo, Luca Spada ha fondato Dinamo, azienda che produce integratori alimentari realizzati con ingredienti naturali. Nel febbraio 2023 è nato il Dinamo Running Team, del quale Spada è Presidente, che negli ultimi giorni è sotto i riflettori per le voci riguardanti la cessazione della sua attività. Il Team raggruppava molti dei trail runner più forti in Italia, tra i quali il vicecampione mondiale Andreas Reiterer. Abbiamo intervistato Luca Spada per saperne di più su questa vicenda.

 

© Spiritotrail – Intervista a cura di Simone Brogioni 

 

Il Dinamo Running Team è davvero finito?

Innanzitutto tengo a precisare che il Running Team era gestito dalla Società Dinamo Running Team SSD a r.l., società separata da DINAMO SpA, azienda di integratori che era main sponsor della SSD e che gode di ottima salute. La SSD è in liquidazione, il che significa che finiremo di pagare tutti i debiti e poi la società verrà chiusa. L’attività sportiva del Team è cessata con il 1° settembre, anche se il tesseramento FIDAL e FISKY degli atleti resterà valido fino a fine 2023 per consentire un passaggio verso altre Società Sportive senza traumi.

 

 

Ma gli atleti avevano firmato un contratto triennale.

Sì, ma vista l’imminente chiusura del Team, abbiamo firmato con quasi tutti gli atleti degli accordi di risoluzione consensuale dei contratti. Stiamo cercando di chiudere l’accordo con gli ultimi due atleti, ma sono ottimista sul fatto che troveremo una soluzione.

 

Quindi tutti gli atleti sono stati regolarmente pagati?

Atleti, Team Manager e collaboratori sono stati regolarmente pagati per l’attività che hanno svolto durante il periodo di vita della società, e sinceramente mi sento di dire che hanno ricevuto anche un’ottima retribuzione oltre ad una notorietà e visibilità che gli sarà sicuramente d’aiuto per trovare altri sponsor. È da tener presente che il Team pagava circa 35.000 euro al mese di soli stipendi, oltre a rimborsi spese e assistenza medico/sportiva.

 

Però un paio di atleti si sono lamentati pubblicamente sulle loro pagine social, come abbiamo riportato nel nostro post Facebook di qualche giorno fa.

Questo non lo capisco molto e non lo trovo neanche corretto, giacché con Riccardo Montani abbiamo firmato un accordo di risoluzione consensuale del contratto e con Camilla Magliano ci siamo parlati, abbiamo capito il disguido alla base del suo malessere (non dipendente da noi) e confido di trovare un accordo anche con lei.

 

 

Quindi niente più maglie verdi alle gare da ora in poi.

Diciamo che il Team nella sua versione attuale non esisterà più, ma alcuni atleti hanno confermato la loro disponibilità a rimanere nella nuova versione del Team, in particolare Davide Cheraz e Alberto Vender, ma forse si aggiungerà qualcun altro.

 

Perché l’avventura del Dinamo Running Team è finita dopo solo 6 mesi?

Ci tengo a dire che la chiusura del Team è stata molto dolorosa per me, ancor più per le voci che in questi ultimi giorni si sono susseguite. Io sono il primo ad essere deluso e affranto per la fine anticipata di un progetto ambizioso ma che forse non era ancora maturo rispetto alla situazione del trail running in Italia.

 

A quale situazione si riferisce?

Ho pensato di poter declinare nel trail la situazione dei Team professionistici del ciclismo, nel quale sono coinvolto da anni. Lì i ciclisti sono pagati per correre ma anche per fare da testimonial dei marchi sponsor, durante tutto l’arco dell’anno. I costi per mantenere un team professionistico sono ingenti e senza gli introiti degli sponsor non è sostenibile mantenere un team. Fin dall’inizio ho trovato difficoltà a far capire questo concetto agli atleti e ai manager del Dinamo Running Team, giustamente concentrati sulle prestazioni e sui risultati ma molto poco sulla parte comunicazione, che è altrettanto importante. Ho constatato che mentre sul fronte delle manifestazioni sportive/gare negli ultimi anni c’è stato un progresso significativo verso un prodotto professionale, sul fronte degli atleti e manager questo passaggio deve ancora maturare e io sinceramente non avevo la forza da solo per sostenere un compito del genere. Sono convinto che accadrà ma ci vorrà ancora molto tempo, probabilmente serve un cambio generazionale e anche le Federazioni spero avviino delle scuole/corsi di formazioni per atleti che aspirano ad una carriera professionale.

 

È pur vero che non è facile trovare un atleta di alto livello tecnico che abbia anche ottime capacità di comunicazione, forse qualcuno avrebbe dovuto indottrinarli.

Infatti, ho pensato che i Team Manager potessero e dovessero farlo, ma così non è stato. Mi assumo anche io una parte di responsabilità riguardo a questo, perché avrei potuto farlo in prima persona, ma era pur sempre un compito dei Team Manager che oltre alla prestazione sportiva degli atleti dovrebbero occuparsi anche della gestione del team a 360 gradi e alla sua sostenibilità economica.

 

Sembra di capire quindi che gli atleti non abbiano responsabilità nella chiusura del Team, quindi cosa è successo?

A inizio luglio è accaduto un fatto che reputo estremamente grave. Avendo raggiunto oltre 8500 follower sui social, abbiamo ritenuto di dover iniziare a promuovere i nostri sponsor sui nostri canali, per dar loro visibilità. Il nostro responsabile comunicazione non era della stessa opinione, giacché voleva utilizzare le pagine Facebook e Instagram solo per fini prettamente giornalistici e non commerciali. Le divergenze di opinioni sono normali, per cui il responsabile comunicazione ha lasciato il suo incarico, e da quel momento abbiamo preso in carico direttamente la gestione dei social. È stato a quel punto che ci siamo resi conto che il 90% circa degli account dei nostri follower erano dei fake: profili falsi, perlopiù orientali. Le responsabilità dell’accaduto sono all’interno del team e chi ha operato in malafede spero abbia capito la gravità di quello che ha fatto. Sta di fatto che noi stavamo vendendo ai nostri sponsor dei numeri che erano gonfiati e non reali.

 

 

Questo però non sembra un fatto così grave da portare alla chiusura del Team.

Invece lo è. Nei nostri contratti si dà ampio spazio all’etica in tutte le sue sfaccettature, e questo fatto strideva completamente con quanto abbiamo sempre predicato. Per me il Team doveva essere l’emblema dei valori di cui lo sport è da sempre portavoce: correttezza e lealtà. Oltretutto, lo sponsor principale del Team, ovvero DINAMO SpA è una Società Benefit, dove il valore della correttezza etica è sacrosanto. In più da quel momento si è incrinato irrimediabilmente il rapporto con il Team Manager, per il quale è venuto a mancare il rapporto di fiducia.

 

Ma a quel punto forse si poteva cambiare il management del Team e lasciare che gli atleti continuassero a fare il loro lavoro.

Sì, e qui mi prendo nuovamente la mia parte di responsabilità perché non sono stato in grado di fare questo passo. D’altra parte fin dall’inizio avevo dato carta bianca e piena fiducia ai Team Manager, che hanno rapporti anche molto stretti con alcuni atleti: sostituirli ora mi sembrava un salto nel vuoto e non me la sono sentita. Ho passato diverse notti in bianco a causa di questa storia, doveva essere una bella esperienza che fosse fonte di passione e ispirazione per tanti atleti, ma si è lentamente trasformata in un incubo per me. Però posso dire con serenità di non aver lasciato nessuno sulla strada, di aver pagato quanto dovuto e di aver provato a creare qualcosa di importante per questo sport che amo con tutto me stesso. A volte le sfide si vincono, altre volte si perdono, questo gli sportivi lo sanno molto bene. Ho conosciuto alcuni ragazzi veramente eccezionali con il Team e a loro auguro un futuro pieno di soddisfazioni e rinnovato entusiasmo.

 

L’impressione è quella di averci rimesso tutti. Grazie a Luca Spada, la redazione di Spirito Trail resta naturalmente a disposizione per eventuali dichiarazioni delle controparti.