JOAQUIN LOPEZ, IL TERZO POSTO ALL’UTMB E IL SUO ECUADOR

A cura di Maurizio Scilla

In occasione del Kailas Fuga Elite Camp alle Cinque Terre ho avuto occasione di trascorrere un po’ di tempo con Joaquin Lopez, l’ecuadoriano che l’anno scorso ha stupito tutti con un magnifico terzo posto all’UTMB. Joaquin è un ragazzo molto disponibile, abituato grazie anche al suo lavoro, ad essere il trascinatore del gruppo.

 

Torniamo indietro all’UTMB dell’anno scorso, prima del via a Chamonix quali erano le tue ambizioni, dopo aver finito secondo alla TDS 2022 e aver già concluso nella top ten nella gara principe?

L’ambizione era correre in 21 ore, sapevo di poterlo fare dopo l’undicesimo posto del 2023 in 21h47’, pensavo fosse realistico. Il solo obiettivo era quel tempo, senza pensare alla posizione, sperando anche in un meteo clemente. In ogni caso pensavo che se tutto fosse girato nel modo giusto ero in grado di fare quel tempo.

Cosa ha significato essere il primo sudamericano a salire sul podio dell’UTMB e quanto importante è stato per te e per gli atleti sudamericani?

Quando corro, non lo faccio solo per me stesso, rappresento un’intera nazione e l’America Latina. E’ una comunità che sta crescendo molto con tanti appassionati. Mi sento un po’ la voce e l’immagine di chi rappresenta l’idea che si possono raggiungere i propri sogni. Così quando sono veramente affaticato in gara e sto passando un momento difficile, penso che se ottengo un buon risultato porto attenzione a quell’area del mondo e quindi probabilmente più opportunità, più sponsorizzazioni.
Sono in una posizione privilegiata perché parlo inglese. Ho avuto la fortuna di poter frequentare una scuola privata,  ciò ha reso più facile partecipare alle prime gare in Europa ed avere un miglior punteggio ITRA. Ma non è la realtà per molti, nelle nazioni sudamericane.
Quindi è stato un viaggio per me ed è stata un'enorme ispirazione e motivazione per rappresentare qualcosa di più grande. Mi viene da dire, che per un europeo è più facile ritirarsi quando le cose non vanno, perché sa che l’anno dopo potrà ritentare.
La prima volta che sono venuto in Europa, non potevo permettermi di ritirarmi, quella possibilità non era contemplata, ho sempre portato a termine tutte le gare.

Dopo il master in Barcellona, hai deciso di continuare a vivere lì, ma ritorni in Ecuador ogni anno. Ci parli del movimento trail nel tuo paese, cosa può essere fatto?

A Barcellona ho preso un master in “Sports Training & Physical Education”, finito quello ho deciso di rimanere per cambiare la mia preparazione. A Quito in Ecuador, abbiamo grandi montagne ovunque, sono cresciuto camminando molto ma avevo la necessità di diventare un runner. A Barcellona non ci sono montagne, ma perfetti terreni per correre, ciò è stato utilissimo per le mie performance rendendomi un atleta più completo.
Ritorno in Ecuador perché è utile allenarsi in quota, Quito è a 2800 m, è il posto ideale per correre dei vertical, fare tanto dislivello stando in altitudine. Se posso, cerco di rimanere 2/3 mesi. Sono una persona orientata alla comunità, incontrarsi con la famiglia, con gli amici e con tutti gli altri è davvero una spinta.

Prima di correre i trail partecipavi alle “Adventure Race”, gare che durano diversi giorni.
Questo ha reso più semplice per te gestire le ultra e le notti?

Penso che la mia forza nel trail running venga fuori quando le condizioni son sono ottimali proprio per la mia esperienza nelle adventure race. In quelle gare c’è sempre qualcosa che può andare storto, sei in un team, devi orientarti con una mappa, possono subentrare problemi tecnici con i mezzi. Emozionalmente non ti devi abbattere quando qualcosa va storto, ti devi adattare.
Per esempio due anni fa quando ho finito undicesimo all’UTMB, sono arrivato a Courmayeur e non c’era la mia assistente, era rimasta bloccata nel traffico del tunnel. Ho dovuto resettarmi, al ristoro  avevo a disposizione comunque molto cibo e anche dei gel anche se non li avevo mai testati prima, quindi non era un problema, mi sono adattato e sono ripartito.
Ero venticinquesimo e ho finito undicesimo.
In genere di notte mi sento molto tranquillo, anche con condizioni di nebbia, se mi viene sonno so come gestirlo, sono cose che mi sono già capitate molte volte nelle adventure race. Ora ho abbandonato queste garee perché sono molto lunghe, possono durare anche 6/7 giorni e i tempi di recupero sono molto lunghi.

Quest’anno sarai al via della OCC e non dell’UTMB, volendo correre i mondiali trail, sarà una gara completamente diversa e veloce per le tue abitudini.

E’ un vero peccato che i mondiali e l’UTMB siano a meno di un mese di distanza, impossibile correrli entrambi. Sarò ai mondiali perché voglio rappresentare il mio paese, è molto importante per me. L’UTMB è la più importante manifestazione al mondo, per me è una festa, impossibile non esserci, mi diverto anche se non corro.
Ho pensato di correre la OCC perché è un allenamento perfetto per la gara in Spagna. Chiaramente le mie ambizioni sono diverse. Voglio uscire dalla mia comfort zone e cercare di dare tutto su un terreno molto corribile con tanti campioni specializzati su quelle distanze.

Tornando ai mondiali, il percorso di Canfranc nei Pirenei  (82 km 5400 m+) sembra che sia bello impegnativo, anche tecnico, adatto alle tue caratteristiche.

Hai ragione, non è male per me, è tecnico, c’è parecchio dislivello e anche un po’ di quota. Devo dire però che la mia forza è sopra i 100 km e qui sono solo 80, quindi un po’ veloce per me. Ma darò il massimo perché vestirò la divisa della nazionale ecuadoriana.

Quali sono I tuoi obiettivi?

Quest’anno non correrò l’UTMB ma l’obiettivo per i prossimi anni è migliorare il mio tempo. L’anno scorso ho corso con le 21 ore in mente e ho chiuso in 20h26’, finita la gara ho pensato che ci fosse  ancora un margine di miglioramento.
Nel segmento Courmayeur / arrivo ho dei tempi ottimi, uno dei migliori, ma dal via a Courmayeur non sono buoni (n.d.r. come Ludovic Pommeret), non sono mai nella top ten perché è molto corribile. Per questo ad aprile andrò in Giappone al Mt. Fuji (168 km 6200 m+), c’è molto asfalto ed è molto corribile. E’ una gara mitica, che era nei mie piani da tempo, mi piace l’idea di vivere un’esperienza diversa, un modo di vivere il trail diverso. Alo stesso tempo voglio migliorare la mia debolezza sul veloce per far meglio all’UTMB. Penso di potermi avvicinare alle 20 ore.

Se penso all’Ecuador, mi viene in mente Karl Egloff che ho avuto la fortuna di conoscere e intervistare. Karl ha fatto registrare diversi record in tutto il mondo (Aconcagua, Kilimanjiaro, Denali, etc), lo conosci, ti ha influenzato?

E’ sempre stato un’ispirazione per me, sono cresciuto con lui come mentore. E’ metà ecuadoriano e metà svizzero, ma quando parli con lui ti rendi conto che è più ecuadoriano di me anche se fisicamente è uno svizzero. E’ sempre stato molto disponibile a condividere la sua esperienza e ad aprire opportunità ad atleti come me. Anch’io ora sto cercando di fare la stessa cosa, è ora di restituire quello che ho avuto.

In Ecuador si corre il 2 agosto il Quito Trail by UTMB (77 km 4400 m+), ci parli della gara? Pensi che per noi europei sia meglio arrivare diversi giorni prima per avere il tempo di acclimatarci?

Non è necessario, la gara parte a 1200 m, è molto bella perché nella prima parte ti sembra di essere in una foresta pluviale, puoi vedere i tucani. Inizi a salire e vedi tutti i cambiamenti di vegetazione, si può dire che è un percorso che sale quasi sempre con poca discesa e quindi a livello di gambe è poco impattante. Il punto più alto si trova circa a 3600 m.
Si passa non lontano dal bellissimo vulcano Ruko Pichincha e puoi vedere anche il famoso vulcano Kotopaxi. Nella parte finale invece si scende, per arrivare poi nel centro storico di Quito a circa 2800 m. L’ atmosfera è spettacolare, gli ecuadoriani sono molto appassionati al nostro sport, quindi vi invito a partecipare, non ve ne pentirete! Io ci sarò!

@lanza.fit

 

 


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